lunedì 23 febbraio 2009

On The Road (Keorouac)

Solamente chi mi conosce sa la fatica immane che abbia impiegato per portare a termine questo libro, rinunciando, non troppo a malincuore questo è da dirsi, a spiegazioni scolastiche di ogni sorta pur di finirlo in un tempo non imbarazzante. Io ci ho provato davvero anche da quindicenne a dargli una lettura, a concedergli una possibilità. Caspita, leggere on the road a quindici anni è un po' come leggere la bibbia per i cattolici, un must dicono (non so quanti cattolici abbiano letto la bibbia comunque), ma sarà stato che all'epoca le mie facoltà intellettive erano più scarse di quelle attuali, sarà stato per la scarsa capacità di attenzione e costanza, lo abbandonai ai primi due capitoli. E si parla di un libro che ne ha una cinquantina, di capitoli, divisi in cinque parti. Consistente, non quanto le cronache di narnia che ha duemila pagine (anche se è un libro per bambini sfido chiunque ad averlo letto), ma quasi. Giusto per non andare troppo off topic, mi chiedo sul serio cosa ci abbiano trovato le generazione del sessantotto in un libro del genere, sicuramente a distanza di anni la stessa idiozia e contraddizione l'avrebbero ritrovata anche nella loro stessa vita non c'è che dire. C'è questo ragazzo Sal che è lo pseudonimo di Jack (Kerouac ndv) che decide di viaggiare sulla strada perchè stanco di vivere una vita già scritta: la regola delle tre emme insomma, moglie matrimonio macchina. E fin qui nemmeno troppo da condannargli, se non fosse stato per lo spirito utilitaristico che spinge questo genere di persone a tornare a casa quando i soldini sono finiti, o a mandare un telegramma per farsene mandare. Beh, caspita, non è il massimo. Vuoi fare il ribelle? Vuoi fare l'anticonformista? Allora se decidi di partire "on the road" per l'appunto, cerca di assumerti le tue responsabilità, non è che poi mi chiami la zia a casa perchè hai speso i cinquanta dollari ,messi da parte con tanta cura dalla povera donna, per andare a puttane (e mi scusino gli esigui lettori di questo post, mi ero ripromessa di non usare parolacce, ma non ci sono eufemismi adatti per la circostanza).
Ecco cosa ci hanno visti quelli che hanno fatto il sessantotto, lo stesso genere di rivoluzione da divano senza un minimo ideale da portare avanti. Giuro che mi ci sono impegnata ad apprezzarlo, a dargli un'altra chance con una maturità diversa ( si, in tre anni si cresce un minimo dai) ma a 18 anni e tre mesi esatti, riboccio questo libro. Noioso, scritto in modo pessimo, pieno di neologismi di cui si può fare anche a meno, ripetitivo e spesso e volentieri incomprensibile. Sono dell'idea che se per capire il senso di una frase di soggetto predicato ed espansione si debba rileggerla per più di una volta il problema dev'esserci per forza, e mai come questa volta il problema non è stato assolutamente il mio.

Toh

mercoledì 18 febbraio 2009

Nick&Norah: Tutto accadde in una notte

LIBRO

Lessi una recensione piuttosto positiva di questo libro su un numero di qualche anno fa di Sonic e solo ultimamente (dopo aver scoperto del film tratto dal libro) ho deciso seriamente di procurarmelo. Ecco, l'idea di una location punk, di ragazzini (della mia età in effetti ma non so perchè mi dia così fastidio) che parlano di straight edge, minor threat e si scambiano le compilation, beh solo l'idea di dover leggere di cose che fino a due minuti prima consideravo di mio strettissimo utilizzo, mi faceva venire l'orticaria. Un po' come in Juno,quando vedi questa sedicenne che cita gli Stooges e parla dei Bad Religion con tanto di slang ggiovanile più o meno incomprensibile ed irritante.
Il libro paradossalmente si è rivelato una piacevole sorpresa. Di quelle che nel giro di qualche ora riesci a percepirle a pieno, e poche ore dopo non riesci a toglierti dalla mente. Si alternano due facce della storia, Nick e Norah, due teenager che si incontrano ad un concerto punk e lui le chiede di fargli da ragazza per cinque minuti, poi per i motivi più svariati si ritrovano a vivere rocambolesche avventure a colpi di playlist e conversazioni piacevoli. Due facce della stessa storia raccontate da due scrittori per ggiuovani che si passano la palla e lì dove finisce l'uno, incomincia l'altro. La Cohn che scriverebbe proprio come un'adolescente isterica con tanto di maiuscolo per sottolineare l'isteria da sindrome premestruale, e David Levithan che invece pare essere più riflessivo, tranquillo e forse più immediato proprio come lo saprebbe essere un ragazzo.
Per trascorrere un tre orette piacevoli, distesi sul letto, ad ascoltare in sottofondo uno dei dischi che si ha sulla mensola apposita (certo per chi ancora compra il feticcio), io personalmente ho accompagnato il tutto con l'ultimo acquisto fatto alla red cars go faster: il doppio vinile verde e nero degli Who calls so loud uscito per l'Adagio.
Beh, son belle cose, soprattutto per chi certe cose le vive davvero, e quindi solo per queste persone, il libro assume un retrogusto di dolceamaro che non è per niente sgradevole.

martedì 17 febbraio 2009

Una Tomba Per Le Lucciole (Isao Takahata)

Film d'animazione giapponese tratto da un romanzo (pare) autobiografico di un certo Nosaka, datato 1988, inizialmente non molto apprezzato in Giappone per via della crudezza della storia, e successivamente pubblicizzato solo attraverso home-video.
Ambientato durante la seconda guerra mondiale, proprio durante gli incessanti bombardamenti americani, nei quali un ragazzino, Seita, il protagonista,perde la madre ed è costretto a badare alla sorella minore, in un clima di astio, fame, e povertà diffusa. Il titolo si riferisce all'unico momento positivo del tutto, proprio quello in cui i due fratelli trovano conforto, e spensieratezza (come giusto a quell'età) nel catturare lucciole o solamente osservarle.
Estremamente realistico e drammatico per il tema affrontato e anche per la modalità scelta. Musiche che enfatizzano il momento phatetico, dialoghi, pochi, ma incisivi, fanno di questo film una vera e propria chicca. Se fosse stata scelta la modalità attore-vero probabilmente avrebbe suscitato anche il pianto a dirotto per il finale che definire tragico è un eufemismo, ma la bellezza dei disegni e la struttura della storia-che-non-annoia conferiscono a questo anime/film 85 minuti di giornata spesi bene.

Soffocare (Chuck Palahniuk)

Trovarsi questo libro tra le mani, durante la lettura avviata da una settimana e passa di on the road (kerouac), è una boccata di aria fresca. I classici libri di poco più di 150 pagine che si lasciano leggere tutto d'un fiato. Persino risparmiandosi spiegazioni di greco e fisica. E' quello che mi è capitato appunto con Soffocare, la storia di Victor Mancini, un sessodipendente che per pagare le cure alla madre si vede costretto a fingere di soffocare in ogni locale in cui va a cena per poi farsi salvare dall'eroe di turno che puntualmente, sentendosi quindi un nuovo idolo, inizia a fargli da padre/madre occupandosi del giovine anche economicamente.
In sintesi è questa la trama del libricino, però, condite il tutto con un divertente slang sboccato ma non sgrammaticato, dinamiche più o meno simpatiche, personaggi descritti più che bene attraverso atteggiamenti e reazioni (senza la necessità di presentarli da tema da scuola superiore), e ne fate "soffocare" di Palanhiuk.
Non fondamentale, ma per non intristirsi tra un libro scritto male ed uno scolastico (e quindi tedioso e tutto fuorchè interessante) è davvero indicato.